L’aver assunto su di sé un “compito dell’impossibile”, qual è quello di tentare di definire il bene (ma anche il male), ha prodotto in questo affascinante testo un “inquieto vagabondaggio” tra frammenti che si compongono e di nuovo si scompongono in un percorso problematico. L’idea che il bene non sia senza il male, che un mondo senza il male sia un mondo “scorticato e privo di ombra” (Bulgakov), spinge a riproporre, mai appagati dalle risposte, in modi diversi l’identica domanda. Dai filosofi e tragici greci fino a Bataille e Blanchot, passando per preziosi riferimenti a Thomas Mann, Kafka, Pasolini, Simone Weil e tanti altri, la questione del bene (e del male) richiama quella del potere, della violenza, della guerra e della libertà, ma anche della scrittura e dell’arte stessa. E coinvolge non solo l’umano, ma anche il divino.
Il compito dell’impossibile
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