“Il gatto si avvicinò all’orlo del tavolo e due mani lo trattennero prima che saltasse giù. ‘Fermo, buono micio, buono’. Il ragazzo alzò l’animale per la pancia e se lo rimise sotto gli occhi, riprendendo l’ispezione del pelo, in cerca di zecche o quant’altro.
Adorava quell’ultima canzone. Spense la radio, perché le riecheggiasse liberamente in testa, senza interferenze.”
Un lungo racconto ambientato nella periferia italiana tra nuovi cittadini e vecchie violenze. Una storia appassionante e coinvolgente.
Non mordere la mano che ti nutre
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