Uno contò sino al miliardo.
L’ispettore lo baciò sulle gote. Un altro,
che fuori faceva il ragioniere,
disse a bruciapelo: «Un miliardo di miliardi».
Ma prima ancora ci fossimo stancati di stupirci
l’alunno più giovane saltò su:
«Un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi».
La maestra piangeva commossa e orgogliosa,
quando dall’ultimo banco uno scolaro
con due baffoni alla carabiniera insinuò: «Più uno».
Fu uno scroscio di applausi e io stesso
gli appuntai sul petto la medaglia di vermeil.
Udii uno che diceva: «Pensare che se avessi detto:
più due, avrei vinto io».
(Co)stringere in una parola il genio di Zavattini è, prima che impossibile, ingiusto; oltrepassare il pregiudizio, secondo cui l’uomo di cinema ha offuscato quello di lettere, è un debito alla precisione. Cesare Zavattini (Luzzara 1902 - Roma 1989), protagonista della cultura letteraria e cinematografica del Novecento, è scrittore originalissimo e, forse anche per questo, ancora in attesa di un risarcimento critico.
Ha sempre cercato le parole per farne prodigi e miracoli: parole che consentissero di rinvenire le radici e di «riudire rimbombi dell’infanzia», ma anche di dire la verità, quella veritàaaa che ha cercato nelle piccole e grandi realtà, attraverso la scrittura, il cinema, il teatro e la pittura. Il tipo di scrittore che Za ha scelto di essere appare destinato a succedere a se stesso, ad aggiungere sempre un qualcosa – il «più uno» di Parliamo tanto di me – agli esiti raggiunti, contravvenendo a ogni regola e conquistando ulteriori porzioni di novità.
Gualtiero De Santi in questo libro ne recupera e analizza il percorso di scrittore, dagli esordi giornalistici agli ultimi libri sperimentali e d’avanguardia, attraverso quelli “umoristici”, quelli fotografici e di poesia, accostandolo ad autori italiani (Pirandello e Pasolini, sopra a tutti) e, di necessità, a quelli europei, da Gómez de la Serna a Breton e ai surrealisti francesi, da Kafka a Brecht.
Gualtiero De Santi, saggista, critico letterario e cinematografico, si è occupato anche di teatro, filosofia e arti figurative. Ha insegnato Letterature comparate presso l’Università degli Studi di Urbino e nell’ambito dell’attività di ricerca si richiama all’orizzonte critico e metodologico della comparatistica. Tra i suoi libri: Sandro Penna (La Nuova Italia, 1982), L’Angelo della Storia (Cappelli, 1988), Lo spazio della dispersione (Acropolis, 1988), I sentieri della notte (Crocetti, 1996), Teresa de Jesùs ed altri mistici (Pazzini, 2002), Le stagioni francesi di Marino Piazzolla (Fermenti, 2002); sul versante cinematografico: Louis Malle (La Nuova Italia, 1987), Sidney Lumet (La Nuova Italia, 1987), Carlo Lizzani (Gremese, 2001), Vittorio De Sica (Il Castoro, 2003), Maria Mercader (Liguori, 2007). Recentemente ha pubblicato Zavattini e la radio (Bulzoni, 2012). Per Editoriale Pantheon ha curato nel 1999 i volumi Miracolo a Milano e I bambini ci guardano; nel 2001 Il tetto. Successivamente, Il giudizio universale (Associazione Amici di Vittorio De Sica, 2007) e Ladri di biciclette (Quaderni di Cinema Sud, 2009). Per i tipi di Pazzini dirige la rivista «Il parlar franco», dedicata alla letteratura dialettale italiana, e i «Nuovi Quaderni Reboriani» per Marsilio. Nel 2001 ha ottenuto il Premio “Dario Bellezza” per la saggistica, nel 2004 il Premio “Vittorio De Sica” per la storiografia cinematografica.
L’ispettore lo baciò sulle gote. Un altro,
che fuori faceva il ragioniere,
disse a bruciapelo: «Un miliardo di miliardi».
Ma prima ancora ci fossimo stancati di stupirci
l’alunno più giovane saltò su:
«Un miliardo di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi».
La maestra piangeva commossa e orgogliosa,
quando dall’ultimo banco uno scolaro
con due baffoni alla carabiniera insinuò: «Più uno».
Fu uno scroscio di applausi e io stesso
gli appuntai sul petto la medaglia di vermeil.
Udii uno che diceva: «Pensare che se avessi detto:
più due, avrei vinto io».
(Co)stringere in una parola il genio di Zavattini è, prima che impossibile, ingiusto; oltrepassare il pregiudizio, secondo cui l’uomo di cinema ha offuscato quello di lettere, è un debito alla precisione. Cesare Zavattini (Luzzara 1902 - Roma 1989), protagonista della cultura letteraria e cinematografica del Novecento, è scrittore originalissimo e, forse anche per questo, ancora in attesa di un risarcimento critico.
Ha sempre cercato le parole per farne prodigi e miracoli: parole che consentissero di rinvenire le radici e di «riudire rimbombi dell’infanzia», ma anche di dire la verità, quella veritàaaa che ha cercato nelle piccole e grandi realtà, attraverso la scrittura, il cinema, il teatro e la pittura. Il tipo di scrittore che Za ha scelto di essere appare destinato a succedere a se stesso, ad aggiungere sempre un qualcosa – il «più uno» di Parliamo tanto di me – agli esiti raggiunti, contravvenendo a ogni regola e conquistando ulteriori porzioni di novità.
Gualtiero De Santi in questo libro ne recupera e analizza il percorso di scrittore, dagli esordi giornalistici agli ultimi libri sperimentali e d’avanguardia, attraverso quelli “umoristici”, quelli fotografici e di poesia, accostandolo ad autori italiani (Pirandello e Pasolini, sopra a tutti) e, di necessità, a quelli europei, da Gómez de la Serna a Breton e ai surrealisti francesi, da Kafka a Brecht.
Gualtiero De Santi, saggista, critico letterario e cinematografico, si è occupato anche di teatro, filosofia e arti figurative. Ha insegnato Letterature comparate presso l’Università degli Studi di Urbino e nell’ambito dell’attività di ricerca si richiama all’orizzonte critico e metodologico della comparatistica. Tra i suoi libri: Sandro Penna (La Nuova Italia, 1982), L’Angelo della Storia (Cappelli, 1988), Lo spazio della dispersione (Acropolis, 1988), I sentieri della notte (Crocetti, 1996), Teresa de Jesùs ed altri mistici (Pazzini, 2002), Le stagioni francesi di Marino Piazzolla (Fermenti, 2002); sul versante cinematografico: Louis Malle (La Nuova Italia, 1987), Sidney Lumet (La Nuova Italia, 1987), Carlo Lizzani (Gremese, 2001), Vittorio De Sica (Il Castoro, 2003), Maria Mercader (Liguori, 2007). Recentemente ha pubblicato Zavattini e la radio (Bulzoni, 2012). Per Editoriale Pantheon ha curato nel 1999 i volumi Miracolo a Milano e I bambini ci guardano; nel 2001 Il tetto. Successivamente, Il giudizio universale (Associazione Amici di Vittorio De Sica, 2007) e Ladri di biciclette (Quaderni di Cinema Sud, 2009). Per i tipi di Pazzini dirige la rivista «Il parlar franco», dedicata alla letteratura dialettale italiana, e i «Nuovi Quaderni Reboriani» per Marsilio. Nel 2001 ha ottenuto il Premio “Dario Bellezza” per la saggistica, nel 2004 il Premio “Vittorio De Sica” per la storiografia cinematografica.