Sembra un film di guerra, di quelli dì una volta, in bianco e nero. D’azione, travolgenti. La storia è quella di dodicimila mercenari greci, ingaggiati da un principe persiano, Ciro il giovane, con un sottile inganno e in realtà usati per una marcia folle all’interno dell’Asia Minore con l’intento di spodestare dal trono il fratello Artaserse. Vincono i Greci nella battaglia di Cunassa, alle porte dell’odierna Bagdad, il loro esercito si lancia urlando all’inseguimento dei nemici in fuga, ma intanto Ciro muore colpito da una lancia in un occhio. I Greci si ritrovano così da soli in un deserto, senza paga e senza punti di riferimento, con l’accampamento dato alle fiamme dai persiani, lontani dalla patria e circondati da un territorio ostile e da nemici che spuntano da ogni parte. Per di più, qualsiasi cosa facciano, si procurano di continuo nuove ostilità. Sono oltre dodicimila i soldati greci e anche il solo procurarsi da mangiare diventa un problema: si muovono come uno sciame di cavallette, depredano ogni villaggio che incontrano e per di più si tirano dietro un nugolo di prostitute. Senofonte descrive il tutto con un distacco che farà scuola letteraria, parlando di sé stesso come se si trattasse di altra persona. Il racconto suo non è un diario da comandante, perché poi i Greci implorano la sua guida, ma da geografo e persona attenta a luoghi, popoli, usanze. Si tratta di ritirarsi, ma è una ritirata sui generis, ancor oggi studiata nelle accademie militari di tutto il mondo, una ritirata che spesso costringerà i Greci ad attaccare, ad essere molto, molto più coraggiosi, minacciosi o semplicemente più veloci di nemici soverchianti per numero e mezzi. Su ogni considerazione o stratagemma prevale l’ansia del ritorno, la nostalgia della patria, il desiderio di morire, se proprio non ci sarà via di scampo, almeno con onore e dignità. Da Greci. Qua e là mi è sembrato di leggere brani sulla ritirata di Russia dei nostri Alpini nella seconda Guerra Mondiale: luoghi diversi, ma situazioni simili. E anche qui, nonostante ci si trovi in Asia, spesso è la neve a farla da padrona. Colpisce, alla fine del racconto, l’enorme distanza percorsa a piedi, tra mille fatiche e patimenti, dall’armata greca. Un’armata perduta e disperata, ma sempre composta da veri uomini, perfetti “bastardi senza gloria”. Buona lettura!
Roberto Denti
Roberto Denti