Fernando Belasteguín:
Molte volte mi chiedo se vale la pena continuare a giocare a padel, se hanno senso tutti i sacrifici che ho dovuto affrontare: separarmi dai miei genitori, da mia sorella, dai miei nonni, andare via dall’Argentina, viaggiare ogni due settimane per giocare in un posto diverso, perdermi un sacco di momenti (belli e brutti) di mia moglie e dei miei figli…
Ora non ho dubbi: sicuramente sì. Il padel è il sostentamento della mia vita e dei miei figli. Se mi verrà posta la stessa domanda quando mi accorgerò che è ora di porre fine alla mia carriera, sicuramente la risposta sarà no, perché io ho dato al padel mille volte di più rispetto a quello che il padel ha dato a me. Non c’è nessun torneo, titolo o premio che possa compensare tutte le mie assenze nei compleanni dei miei figli, tutti i momenti familiari a cui non ho potuto prendere parte, tutti gli abbracci che mi sono mancati e che non ho dato nei momenti difficili.
Per questo, in ogni gara e in ogni allenamento dò il massimo. Il trofeo più grande del mio palmares è la tranquillità di avere sempre dato tutto, come una spugna quando si strizza con tutta la forza per far sì che non rimanga neanche una goccia d’acqua. E così è stata la mia vita professionale: non mi sarei mai perdonato di non avere fatto del mio meglio fino alla fine, sapendo tutto ciò a cui ho dovuto rinunciare.
Molte volte mi chiedo se vale la pena continuare a giocare a padel, se hanno senso tutti i sacrifici che ho dovuto affrontare: separarmi dai miei genitori, da mia sorella, dai miei nonni, andare via dall’Argentina, viaggiare ogni due settimane per giocare in un posto diverso, perdermi un sacco di momenti (belli e brutti) di mia moglie e dei miei figli…
Ora non ho dubbi: sicuramente sì. Il padel è il sostentamento della mia vita e dei miei figli. Se mi verrà posta la stessa domanda quando mi accorgerò che è ora di porre fine alla mia carriera, sicuramente la risposta sarà no, perché io ho dato al padel mille volte di più rispetto a quello che il padel ha dato a me. Non c’è nessun torneo, titolo o premio che possa compensare tutte le mie assenze nei compleanni dei miei figli, tutti i momenti familiari a cui non ho potuto prendere parte, tutti gli abbracci che mi sono mancati e che non ho dato nei momenti difficili.
Per questo, in ogni gara e in ogni allenamento dò il massimo. Il trofeo più grande del mio palmares è la tranquillità di avere sempre dato tutto, come una spugna quando si strizza con tutta la forza per far sì che non rimanga neanche una goccia d’acqua. E così è stata la mia vita professionale: non mi sarei mai perdonato di non avere fatto del mio meglio fino alla fine, sapendo tutto ciò a cui ho dovuto rinunciare.