Canti Orfici è una raccolta di componimenti letterari in prosimetro scritta da Dino Campana.
Fu originariamente composta nel 1913, in una prima ed unica stesura che portava il titolo Il più lungo giorno , che fu consegnata per la pubblicazione a Giovanni Papini e ad Ardengo Soffici; quest'ultimo perse però il manoscritto originale, costringendo Campana a riscrivere l'opera quasi interamente a memoria.
Per lungo tempo l'autografo dell'originale si considerò perduto: venne ritrovato solamente nel 1971, tra le carte di Soffici.
Sommario : Nell'anno accademico 1912-1913 Campana aveva incominciato a scrivere su alcuni modesti fogli goliardici bolognesi alcuni pezzi – Montagna, La Chimera, La cafard (Nostalgia del viaggio), Dualismo - Ricordi di un vagabondo. Lettera aperta a Manuela Tchegarray sulla rivista Il Papiro, Torre rossa e Scorcio, su Il Goliardo – che in seguito rielaborati entreranno a far parte dei Canti Orfici.
Ma nel 1913, messo insieme un manoscritto piuttosto consistente che, come si seppe molti anni dopo, aveva intitolato Il più lungo giorno, pensò di rivolgersi a chi dirigeva in quel periodo la rivista letteraria Lacerba, consegnando ad Ardengo Soffici e a Giovanni Papini la prima stesura originale del suo manoscritto...
Secondo la ricostruzione dello stesso Campana: "venuto l'inverno andavo a Firenze al Lacerba a trovare Papini che conoscevo di nome. Lui si fece dare il mio manoscritto (non avevo che quello) e me lo restituì il giorno dopo e in un caffè mi disse che non era tutto quello che si aspettava ma che era 'molto molto' bene e mi invitò alle Giubbe rosse per la sera... per tre o quattro giorni andò avanti poi Papini mi disse che gli rendessi il manoscritto ed altre cose che avevo, che l'avrebbe stampato. Ma non lo stampò. Io partii non avendo più soldi (dormivo all'asilo notturno ed era il giorno che facevano le puttane sul palcoscenico alla serata futurista incassando cinque o seimila lire) e poi seppi che il manoscritto era passato in mano di Soffici. Scrissi 5 o 6 volte inutilmente per averlo e mi decisi di riscriverlo a memoria...".[1]
Il manoscritto andò perso e vide la stampa solo nel 1973 dopo essere stato ritrovato, nel 1971, tra le carte di Soffici[2].
Senza dubbio il colpo fu forte per il giovane che però reagì con vitalità e, in poco tempo, rimise insieme la raccolta perduta apportandovi numerose modifiche.
Biografia : Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885 – Scandicci, 1º marzo 1932) è stato un poeta italiano.
Dino Campana nacque a Marradi, un piccolo paese tosco-romagnolo sito nella provincia di Firenze, il 20 agosto del 1885, figlio di Giovanni Campana, insegnante di scuola elementare, poi direttore didattico, descritto come un uomo per bene ma di carattere debole e remissivo, e di Francesca Luti, detta Fanny, una donna severa e compulsiva, affetta da mania deambulatoria e fervente credente cattolica. La madre era attaccata in modo morboso al figlio Manlio, più giovane di due anni di Dino.
Trascorre l'infanzia in modo apparentemente sereno nel paese natìo, ma intorno all'età dei quindici anni gli vengono diagnosticati i primi disturbi nervosi, che - nonostante tutto - non gli impediranno comunque di frequentare i vari cicli di scuola.
Frequenta le elementari a Marradi, poi frequenta la terza, quarta e quinta ginnasio presso il collegio dei Salesiani di Faenza. Intraprende gli studi liceali dapprima presso il Liceo Torricelli[3] della stessa città, ed in seguito a Carmagnola (in provincia di Torino), presso il regio liceo Baldessano, dove consegue la maturità nel luglio del 1903...
Estratto : Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue...
Fu originariamente composta nel 1913, in una prima ed unica stesura che portava il titolo Il più lungo giorno , che fu consegnata per la pubblicazione a Giovanni Papini e ad Ardengo Soffici; quest'ultimo perse però il manoscritto originale, costringendo Campana a riscrivere l'opera quasi interamente a memoria.
Per lungo tempo l'autografo dell'originale si considerò perduto: venne ritrovato solamente nel 1971, tra le carte di Soffici.
Sommario : Nell'anno accademico 1912-1913 Campana aveva incominciato a scrivere su alcuni modesti fogli goliardici bolognesi alcuni pezzi – Montagna, La Chimera, La cafard (Nostalgia del viaggio), Dualismo - Ricordi di un vagabondo. Lettera aperta a Manuela Tchegarray sulla rivista Il Papiro, Torre rossa e Scorcio, su Il Goliardo – che in seguito rielaborati entreranno a far parte dei Canti Orfici.
Ma nel 1913, messo insieme un manoscritto piuttosto consistente che, come si seppe molti anni dopo, aveva intitolato Il più lungo giorno, pensò di rivolgersi a chi dirigeva in quel periodo la rivista letteraria Lacerba, consegnando ad Ardengo Soffici e a Giovanni Papini la prima stesura originale del suo manoscritto...
Secondo la ricostruzione dello stesso Campana: "venuto l'inverno andavo a Firenze al Lacerba a trovare Papini che conoscevo di nome. Lui si fece dare il mio manoscritto (non avevo che quello) e me lo restituì il giorno dopo e in un caffè mi disse che non era tutto quello che si aspettava ma che era 'molto molto' bene e mi invitò alle Giubbe rosse per la sera... per tre o quattro giorni andò avanti poi Papini mi disse che gli rendessi il manoscritto ed altre cose che avevo, che l'avrebbe stampato. Ma non lo stampò. Io partii non avendo più soldi (dormivo all'asilo notturno ed era il giorno che facevano le puttane sul palcoscenico alla serata futurista incassando cinque o seimila lire) e poi seppi che il manoscritto era passato in mano di Soffici. Scrissi 5 o 6 volte inutilmente per averlo e mi decisi di riscriverlo a memoria...".[1]
Il manoscritto andò perso e vide la stampa solo nel 1973 dopo essere stato ritrovato, nel 1971, tra le carte di Soffici[2].
Senza dubbio il colpo fu forte per il giovane che però reagì con vitalità e, in poco tempo, rimise insieme la raccolta perduta apportandovi numerose modifiche.
Biografia : Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885 – Scandicci, 1º marzo 1932) è stato un poeta italiano.
Dino Campana nacque a Marradi, un piccolo paese tosco-romagnolo sito nella provincia di Firenze, il 20 agosto del 1885, figlio di Giovanni Campana, insegnante di scuola elementare, poi direttore didattico, descritto come un uomo per bene ma di carattere debole e remissivo, e di Francesca Luti, detta Fanny, una donna severa e compulsiva, affetta da mania deambulatoria e fervente credente cattolica. La madre era attaccata in modo morboso al figlio Manlio, più giovane di due anni di Dino.
Trascorre l'infanzia in modo apparentemente sereno nel paese natìo, ma intorno all'età dei quindici anni gli vengono diagnosticati i primi disturbi nervosi, che - nonostante tutto - non gli impediranno comunque di frequentare i vari cicli di scuola.
Frequenta le elementari a Marradi, poi frequenta la terza, quarta e quinta ginnasio presso il collegio dei Salesiani di Faenza. Intraprende gli studi liceali dapprima presso il Liceo Torricelli[3] della stessa città, ed in seguito a Carmagnola (in provincia di Torino), presso il regio liceo Baldessano, dove consegue la maturità nel luglio del 1903...
Estratto : Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue...