Il passato è l’unica dimensione del tempo che i ragazzi in carcere possiedono davvero. O, meglio, ne sono posseduti, carichi, spesso, di pesi e ferite troppo forti. Il presente è il non-tempo del carcere che, per quanto pieno di attività, incontri, iniziative, si identifica con i giorni, i mesi, gli anni che si desidera passino in fretta, più in fretta che si può. Quanto al futuro, il suo orizzonte si limita, in moltissimi casi, al momento del ritorno in libertà, visto come il culmine di ogni felicità. Oltre il quale non s’intravede niente di niente o ci si illude che, magicamente, ogni problema si risolva e le tessere del proprio puzzle esistenziale trovino forma da sé, oppure si è convinti che, volendo o no, si passerà la boa, ricominciando presto il giro che li riporterà dentro.Affrontare il discorso sul futuro è accettare una sfida. Perché nessun ragazzo di Nisida, come nessuno di noi, può determinare se vivrà, se sarà in salute, se riuscirà ad ottenere quel lavoro o a sposare quella persona, ma ciascuno può lavorare sul modo in cui affronterà i problemi e le opportunità che il domani gli porterà.E decidere, di conseguenza, se vuole scrollarsi di dosso le sbarre più opprimenti, quelle dei condizionamenti subiti durante la sua crescita. Se vuole essere più forte del proprio passato, dare un senso di speranza al proprio presente e abitare il futuro con consapevolezza.
Fuori: Racconti per ragazzi che escono da Nisida (Cosmi)
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