Nel mio precedente lavoro, intitolato Le regole del gioco, ho cercato di delineare lo sviluppo storico delle norme che hanno regolamentato lo svolgimento dell’attività giornalistica, con particolare riferimento a quanto è avvenuto in Italia e in Europa. A spingermi a compiere quel lavoro il forte dibattito, sviluppatosi tra la seconda metà degli anni novanta e l’inizio del XXI secolo, proprio sul tema della libertà di stampa e la regolamentazione della professione giornalistica.
Oggi, giunti ormai al 2010, mentre non si è ancora completamente chiuso il dibattito su quell’argomento, reso ancor più complesso dall’ormai incipente fenomeno della globalizzazione, ho sentito forte il bisogno di ritornare ad analizzare come sia venuto evolvendosi il fenomeno giornalistico tout court per comprenderne le linee maestre di crescita e sviluppo. Non mancando certo le fonti autorevoli per avviare una simile riflessione, ho deciso di servirmene per svolgere una revisione critica del fenomeno, giungendo alla conclusione che in effetti nel Grande Gioco della comunicazione giornalistica i progressi sono stati quasi sempre appannaggio di chi ha voluto rompere le regole tradizionali per battere nuovi settori informativi, o creare nuovi metodi comunicativi delle notizie o sottoporre il mondo del giornalismo a modifiche tanto profonde da apparire rivoluzionarie. Insomma, in una parola, chi ha voluto andare fuori gioco, o mettere fuori gioco i concorrenti, per innovare il settore.
Viviamo un momento molto difficile per il giornalismo, non solo italiano: il numero degli addetti aumenta in modo esponenziale, la loro preparazione media è sicuramente migliore di quanto non avvenisse sino a pochi anni fa, ma i giovani faticano a trovare una sistemazione sicura, quasi che una buona qualificazione di base fosse un ostacolo. D’altra parte però si stanno aprendo formidabili orizzonti comunicativi legati allo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, oggi sempre più spesso chiamate piattaforme comunicative. Facendo storia del giornalismo si ragiona per lo più in termini di carta stampata, ma ormai radio, televisione, web e telefonia cellulare stanno soppiantando i giornali tradizionali. E del resto il giornalista si deve sempre più spesso trasformare da testimone dei fatti in conduttore o intrattenitore, visto che trionfa la informazione-spettacolo. Tutto questo ci interroga sul futuro di questo lavoro tanto affascinante da apparire quasi un gioco, ma nel quale le modificazioni sono tanto frequenti e a volte cruciali da apparire, appunto quasi dei fuori gioco.
Massimo Ferrari
(Dall'Introduzione dell'Autore)
Oggi, giunti ormai al 2010, mentre non si è ancora completamente chiuso il dibattito su quell’argomento, reso ancor più complesso dall’ormai incipente fenomeno della globalizzazione, ho sentito forte il bisogno di ritornare ad analizzare come sia venuto evolvendosi il fenomeno giornalistico tout court per comprenderne le linee maestre di crescita e sviluppo. Non mancando certo le fonti autorevoli per avviare una simile riflessione, ho deciso di servirmene per svolgere una revisione critica del fenomeno, giungendo alla conclusione che in effetti nel Grande Gioco della comunicazione giornalistica i progressi sono stati quasi sempre appannaggio di chi ha voluto rompere le regole tradizionali per battere nuovi settori informativi, o creare nuovi metodi comunicativi delle notizie o sottoporre il mondo del giornalismo a modifiche tanto profonde da apparire rivoluzionarie. Insomma, in una parola, chi ha voluto andare fuori gioco, o mettere fuori gioco i concorrenti, per innovare il settore.
Viviamo un momento molto difficile per il giornalismo, non solo italiano: il numero degli addetti aumenta in modo esponenziale, la loro preparazione media è sicuramente migliore di quanto non avvenisse sino a pochi anni fa, ma i giovani faticano a trovare una sistemazione sicura, quasi che una buona qualificazione di base fosse un ostacolo. D’altra parte però si stanno aprendo formidabili orizzonti comunicativi legati allo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, oggi sempre più spesso chiamate piattaforme comunicative. Facendo storia del giornalismo si ragiona per lo più in termini di carta stampata, ma ormai radio, televisione, web e telefonia cellulare stanno soppiantando i giornali tradizionali. E del resto il giornalista si deve sempre più spesso trasformare da testimone dei fatti in conduttore o intrattenitore, visto che trionfa la informazione-spettacolo. Tutto questo ci interroga sul futuro di questo lavoro tanto affascinante da apparire quasi un gioco, ma nel quale le modificazioni sono tanto frequenti e a volte cruciali da apparire, appunto quasi dei fuori gioco.
Massimo Ferrari
(Dall'Introduzione dell'Autore)