Jovica sa leggere negli occhi delle persone arrivando, perché no, dritto all’anima. E ne racconta le storie. Lo fa anche con me. Non sempre però ciò che legge rispecchia ciò che io sento di essere: così come io lotto perché gli altri mi vedano come voglio essere vista, Jovica lotta per interpretarmi, e interpretarci, a suo modo, filtrato dal bagaglio di esperienze che si porta dietro e che non abbandona mai.
La televisione è accesa, il volume è basso, ma non abbastanza da non sentire questa frase, pronunciata da un anonimo personaggio di un telefilm americano: l’idea di non essere i soli artefici della propria felicità è insostenibile. È una frase che mi colpisce, che mi rappresenta e al tempo stesso rappresenta tutti i personaggi di questo libro. Storie di destini che s’incrociano e che, fondendosi, danno vita ad altri destini. Tutti importanti, gli uni per gli altri, perché il mondo ha bisogno del tuo maledetto destino. E del mio. E del vostro.
Il mio poeta del cuore ha paragonato la vita a un ospedale in cui ogni malato è posseduto dal desiderio di cambiare letto. Il me semble que je serais toujours bien là où je ne suis pas. E discute senza tregua di questa sensazione con la sua anima.
Dove vorresti essere? In che luogo potresti essere finalmente felice?
A Parigi, forse? Tra le braccia di un amore mai tornato.
A Bergamo? Accanto a chi non avresti mai dovuto lasciare.
Ad Amsterdam? la città della gente…arrivata da tutte le parti. Dei disperati come te.
A Belgrado? Che chiami casa ma che non lo è mai del tutto.
A Sarajevo, svuotata e resa arida dagli uomini.
Là non c’è niente! Non c’è più.
Lì è casa, anche se non vuoi.
Alla fine l’anima del poeta, così come la mia, la vostra e, perché no, quella dei Rari, esplode e urla: N’importe où! N’importe où! Pourvu que ce soit hors de ce monde!
Siamo roba strana NOI.
Valentina Rapelli
La televisione è accesa, il volume è basso, ma non abbastanza da non sentire questa frase, pronunciata da un anonimo personaggio di un telefilm americano: l’idea di non essere i soli artefici della propria felicità è insostenibile. È una frase che mi colpisce, che mi rappresenta e al tempo stesso rappresenta tutti i personaggi di questo libro. Storie di destini che s’incrociano e che, fondendosi, danno vita ad altri destini. Tutti importanti, gli uni per gli altri, perché il mondo ha bisogno del tuo maledetto destino. E del mio. E del vostro.
Il mio poeta del cuore ha paragonato la vita a un ospedale in cui ogni malato è posseduto dal desiderio di cambiare letto. Il me semble que je serais toujours bien là où je ne suis pas. E discute senza tregua di questa sensazione con la sua anima.
Dove vorresti essere? In che luogo potresti essere finalmente felice?
A Parigi, forse? Tra le braccia di un amore mai tornato.
A Bergamo? Accanto a chi non avresti mai dovuto lasciare.
Ad Amsterdam? la città della gente…arrivata da tutte le parti. Dei disperati come te.
A Belgrado? Che chiami casa ma che non lo è mai del tutto.
A Sarajevo, svuotata e resa arida dagli uomini.
Là non c’è niente! Non c’è più.
Lì è casa, anche se non vuoi.
Alla fine l’anima del poeta, così come la mia, la vostra e, perché no, quella dei Rari, esplode e urla: N’importe où! N’importe où! Pourvu que ce soit hors de ce monde!
Siamo roba strana NOI.
Valentina Rapelli