Questa è la storia riscritta dei ponti minori dell'Acquedotto Carolino, uno dei molti monumenti italiani inclusi nella lista Unesco dei Patrimoni dell'Umanità ma ancora avvolti da tanta approssimazione, sia nella storiografia che nella conservazione.
Il "ponte Tagliola", a Durazzano, nel Sannio, verso la "Terra di Lavoro", non si chiama così. E', infatti, un monumento inconsapevole dell'Acquedotto Carolino, vittima della storia quando diventa sostituta del contemporaneo. Luigi Vanvitelli, che lo creò, lo aveva battezzato “Ponte della Valle di Durazzano” e se fosse riuscito nel suo intento, si sarebbe chiamato “Ponte di Ferdinando IV”. Un ponte dedicato ad un Re, seppur “nasone” o “piccirillo”, ma non ad una trappola.
La storia,invece, quella fatta dai vincenti o almeno, da quelli che non perdono, gli ha disegnato tutto un altro destino.
La battaglia diplomatica tra Vanvitelli e Bernardo Tanucci, combattuta sul "ponte Tagliola" due secoli fa, lo ha lasciato sommerso, ancora oggi, tra rifiuti, erbe selvatiche e fichi, nemmeno buoni da mangiare. Soprattutto, perso nelle memorie colte e istituzionali e approssimato negli affetti della comunità che lo possiede.
Tutto questo per una lapide non apposta, una scritta non incisa, una dedica non fatta giungere.
Il "ponte Tagliola", a Durazzano, nel Sannio, verso la "Terra di Lavoro", non si chiama così. E', infatti, un monumento inconsapevole dell'Acquedotto Carolino, vittima della storia quando diventa sostituta del contemporaneo. Luigi Vanvitelli, che lo creò, lo aveva battezzato “Ponte della Valle di Durazzano” e se fosse riuscito nel suo intento, si sarebbe chiamato “Ponte di Ferdinando IV”. Un ponte dedicato ad un Re, seppur “nasone” o “piccirillo”, ma non ad una trappola.
La storia,invece, quella fatta dai vincenti o almeno, da quelli che non perdono, gli ha disegnato tutto un altro destino.
La battaglia diplomatica tra Vanvitelli e Bernardo Tanucci, combattuta sul "ponte Tagliola" due secoli fa, lo ha lasciato sommerso, ancora oggi, tra rifiuti, erbe selvatiche e fichi, nemmeno buoni da mangiare. Soprattutto, perso nelle memorie colte e istituzionali e approssimato negli affetti della comunità che lo possiede.
Tutto questo per una lapide non apposta, una scritta non incisa, una dedica non fatta giungere.