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    Jean-Paul Sartre: La morale introvablibe

    Por Fabrizio Scanzio

    Sobre

    La “Grande Morale”, progettata da J.-P. Sartre tra il 1947 e il 1949 come naturale completamento della filosofia esistenzialista esposta ne L’essere e il nulla e L’esistenzialismo è un umanismo, non è mai stata pubblicata: abbandonata e ripresa più volte nei successivi vent’anni, ha finito per costituire un serbatoio di annotazioni e di riflessioni sempre dirottate altrove, una specie di fantasma letterario, onnipresente, ma pronto a dileguarsi ogni volta che sembrava avere raggiunto una forma consistente. Sappiamo oggi, grazie alla pubblicazione dei molti inediti sartriani, che la riflessione sulla morale ha accompagnato tutti gli snodi fondamentali del pensiero di Sartre, dai cosiddetti scritti giovanili alle opere della maturità, dalla svolta “dialettica” sino all’ultima discussa intervista, rilasciata poco prima della scomparsa.
    Gli studi qui riuniti hanno nei Quaderni per una morale (1947-48) il loro centro di gravità e di maggiore interesse. Di questo tentativo abortito di scrivere una “Morale” essi provano a disegnare la parabola, dalle origini remote nei Taccuini della strana guerra (1939) sino al Santo Genet commediante e martire (1952), che ne sancisce l’abbandono. Senza disdegnare qualche incursione nell’estetica sartriana, poiché della “morale introvabile” non c’è in realtà testo che non rechi qualche traccia.
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