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    La lingua degli dei (Mythos)

    Por Massimo Centini

    Sobre

    Di certo la più grande rivoluzione moderna nella storia della rappresentazione risale al 1839 quando, per la prima volta, su un dagherrotipo rimase impressa, in un angolino di una veduta di Parigi, una figura sfocata e mossa: un uomo sconosciuto di cui non sapremo mai l’identità.
    Dopo quell’immagine inizierà un nuovo periodo: il rapporto dell’uomo con la raffigurazione di sé e del mondo circostante non sarà più quella dei tempi della sola pittura e del disegno.
    Da quel momento la realtà entra prepotentemente nella sua rappresentazione, affrancando l’artista dall’onere dell’interpretazione e della riscrittura della storia.
    Per ritrovare una rivoluzione di tale portata, anche se su piani molto diversi, è necessario ritornare indietro nel tempo, fino a circa 30.000 anni fa, quando gruppi di uomini Sapien-sapiens (Cro Magnon) iniziarono a sentire il bisogno di rappresentare, sulle pareti delle caverne, multicromatiche figure di animali. In quel preciso momento, in un’area in fondo piuttosto ristretta (franco-iberica), nasceva una nuova esperienza della cultura che non abbandonerà più l’uomo: l’arte. Il libro dell’antropologo Massimo Centini parte da questi concetti per tracciare un percorso che ha come punto di fuga la ricerca delle motivazioni che hanno spinto, dall’alba dei tempi, l’uomo a “segnare”, a tracciare incisioni e pitture per “dire qualcosa”. Forse arcaiche forme di trovare un codice, che oggi chiamiamo alfabeto: un’espressione della cultura ormai resasi urgente dopo la conquista della parola.
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