Uno storico contemporaneo della medicina, l’inglese Roy Porter, ha affermato: “Fino a qualche tempo fa la vita era vissuta sotto l’impero della malattia”. Il mondo è un grande ospedale, si affermava. Il genere umano appariva impotente di fronte alla malattia, al dolore, all’invalidità, all’invecchiamento precoce. Ora qualcosa è cambiata, se non altro in termini d’enunciato. Alla conferenza d’Alma Ata nel 1978 l’Oms si pose l’obiettivo della “salute per tutti entro l’anno 2000”. Salute intesa come assistenza sanitaria primaria. In proposito dobbiamo considerare che lungo il corso del XX secolo abbiamo consolidato, innanzitutto, la cultura e la pratica dei diritti umani. In tale situazione la salute ha ricevuto una sorta di riconoscimento giuridico. Vi ha fatto da corollario la consapevolezza che non vi può essere un’equità della salute senza una giusta distribuzione delle risorse, un’indipendenza finanziaria delle singole persone e un sostegno importante dello Stato.
Dobbiamo entrare nell’ordine d’idee che la salute deve essere considerata talmente importante da trasformarla in obiettivo, fine e valore dell’esistenza.
Dobbiamo entrare nell’ordine d’idee che la salute deve essere considerata talmente importante da trasformarla in obiettivo, fine e valore dell’esistenza.