Questo scritto riflette gli anni di pratica e la collaborazione alla rivista italiana Aikido.
Lo scopo è di proporre una lettura non legata alla conoscenza tecnica la quale si apprende sul tatami, bensì una riflessione sulle relazioni che la filosofia dell'aikido può avere con la nostra cultura. Si rivolge non tanto a coloro i quali praticano da più tempo, quanto al neofita e ancor di più al profano che possono avere interesse ad osservare l'orizzonte filosofico di quest'arte.
L'ambizione è di affrontare temi di grande spessore con un linguaggio semplice, accessibile non solo agli addetti ai lavori, ma ad un più vasto pubblico. Il taglio vuole salvaguardare soprattutto l’accessibilità (termine ora in voga), che è a dire la leggibilità e scorrevolezza del testo, con indicazioni rapide e citazioni ad hoc (ogni lavoro di natura culturale e filosofico, si basa sul lavoro altrui).
Per questo si è preferito fare capitoli brevi e con una opportuna divisione in paragrafi.
Perché studiare l'aikido e quindi perché leggere questo libro. Conoscere gli altri è uno strumento per conoscere se stessi, così studiare una cultura distante da quella alla quale si appartiene, è un modo per scoprire quanto vi è di contingente e di condizionato e quanto vi è di universale in ognuno.
Esistono diversi testi degni di citazione sull'aikido e sullo zen (o meditazione), nessuno però, a parte accenni, tratta in maniera esplicita il legame tra le due discipline.
L'aikido può essere un mediatore, un linguaggio comune, un'esperienza unificante, può dire qualcosa sulla convivenza tra persone con convinzioni differenti: infatti anche se originato in una etnia particolare, quella giapponese, quest'arte si presenta come una filosofia universale.
La cultura può essere considerata come la filosofia di un’epoca, cioè il sistema delle credenze che sono alla base dell'interpretazione della vita. Essa non è quindi la prerogativa di un paese o di un’età particolare, ma la costruzione comune dell’uomo che in ogni tempo riflette su se stesso, sulla propria storia, e si interroga sul futuro.
I capitoli possiedono un alto grado di autonomia e possono essere letti indipendentemente l'uno dall'altro. Vi è comunque un filo conduttore che lega le diverse parti: l'interpretazione dello zen e dell'aikido dal punto di vista della cultura occidentale. Questo è il pregio e l'originalità del testo, non una mera esposizione di quanto (e forse meglio) si trova in altri libri ma il tentativo di istituire un dialogo tra orizzonti culturali diversi.
L'idea che in fondo abitiamo la stessa casa è quella che ispira queste pagine.
Lo scopo è di proporre una lettura non legata alla conoscenza tecnica la quale si apprende sul tatami, bensì una riflessione sulle relazioni che la filosofia dell'aikido può avere con la nostra cultura. Si rivolge non tanto a coloro i quali praticano da più tempo, quanto al neofita e ancor di più al profano che possono avere interesse ad osservare l'orizzonte filosofico di quest'arte.
L'ambizione è di affrontare temi di grande spessore con un linguaggio semplice, accessibile non solo agli addetti ai lavori, ma ad un più vasto pubblico. Il taglio vuole salvaguardare soprattutto l’accessibilità (termine ora in voga), che è a dire la leggibilità e scorrevolezza del testo, con indicazioni rapide e citazioni ad hoc (ogni lavoro di natura culturale e filosofico, si basa sul lavoro altrui).
Per questo si è preferito fare capitoli brevi e con una opportuna divisione in paragrafi.
Perché studiare l'aikido e quindi perché leggere questo libro. Conoscere gli altri è uno strumento per conoscere se stessi, così studiare una cultura distante da quella alla quale si appartiene, è un modo per scoprire quanto vi è di contingente e di condizionato e quanto vi è di universale in ognuno.
Esistono diversi testi degni di citazione sull'aikido e sullo zen (o meditazione), nessuno però, a parte accenni, tratta in maniera esplicita il legame tra le due discipline.
L'aikido può essere un mediatore, un linguaggio comune, un'esperienza unificante, può dire qualcosa sulla convivenza tra persone con convinzioni differenti: infatti anche se originato in una etnia particolare, quella giapponese, quest'arte si presenta come una filosofia universale.
La cultura può essere considerata come la filosofia di un’epoca, cioè il sistema delle credenze che sono alla base dell'interpretazione della vita. Essa non è quindi la prerogativa di un paese o di un’età particolare, ma la costruzione comune dell’uomo che in ogni tempo riflette su se stesso, sulla propria storia, e si interroga sul futuro.
I capitoli possiedono un alto grado di autonomia e possono essere letti indipendentemente l'uno dall'altro. Vi è comunque un filo conduttore che lega le diverse parti: l'interpretazione dello zen e dell'aikido dal punto di vista della cultura occidentale. Questo è il pregio e l'originalità del testo, non una mera esposizione di quanto (e forse meglio) si trova in altri libri ma il tentativo di istituire un dialogo tra orizzonti culturali diversi.
L'idea che in fondo abitiamo la stessa casa è quella che ispira queste pagine.
