Questa “Psicopatologia antropologica” rappresenta un evento insolito, nel panorama editoriale psichiatrico italiano, per molti motivi: per il suo spirito fortemente innovativo, per il suo richiamo ad un’antropologia non convenzionale (ovvero genericamente “umanistica”) bensì scientifica, per la complessità, la densità e lo spessore della sua architettura, per la sua sistematicità ed insieme per la sua apertura alle correnti di pensiero più diverse (in primo luogo psicoanalitiche e fenomenologiche), per il suo affondare le proprie radici nella tradizione ed insieme per il suo protendersi nell’attualità; ma soprattutto, si contraddistingue per essere uno dei pochissimi testi di Psicopatologia che un autore italiano contemporaneo, pur partendo da un’impostazione del tutto personale ed indipendente rispetto agli orientamenti dominanti, abbia osato dare alle stampe negli ultimi anni, stante il clima di esclusività e di egemonia culturale pressoché assoluta instaurato dai DSM e dalla Psichiatria di indirizzo farmacologico. Il libro rappresenta pertanto, oltre che un aiuto importante per orientarsi nel panorama della Psicopatologia classica e attuale nonché un potente strumento di approfondimento clinico, anche un’occasione per aprirsi a prospettive di pensiero nuove ed ancora parzialmente inesplorate, quali le recenti impostazioni della Medicina e della Psichiatria evoluzionistica: impostazioni con le quali l’autore si confronta in maniera sorprendentemente originale e creativa, mostrandoci molte delle loro possibili applicazioni alla Psicopatologia.
Psicopatologia antropologica
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