Un incidente automobilistico, l’articolo di un giornale, una ragazza in un pozzo: questi sono gli elementi che fanno da incipit alla narrazione i cui fatti sono riconducibili a una storia di violenza. La verità (intesa come denuncia) si mescola alla fantasia di chi scrive per lasciare posto al perdono e alla speranza di dare dignità alla sofferenza e suscitare, nel lettore, quel profondo e umano senso di “pietas”. A raccontare è la protagonista che, nell’ultimo tratto di vita, spesso in modo anche disordinato, ripercorre le tappe più salienti della sua breve esistenza; nel risalire quel sentiero già calpestato per inseguire i suoi carnefici e deciderne la fine, il presente si mescola al passato in un gioco di ricordi a volte più recenti, a volte più remoti. I flashback sono legati all’emotività del momento, al tempo che scorre inesorabile, alla lotta intima tra un corpo che vuole smettere di soffrire e uno spirito inquieto che chiede conto alla vita.
Qualcuno mi ha ucciso
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