(si tratta di un libro fotografico, appendice del “romanzo internettuale” BELOW THE LINE – Lo strano caso di coscienza di Mister Reflex).
Mai nella storia naturale dell’uomo uno dei cinque sensi si è trovato sotto un fuoco incrociato di così persistenti sollecitazioni. Mai uno dei “magnifici cinque” ha rischiato la benché minima paralisi o di perdere letteralmente i sensi, stremato per eccessivo affaticamento. Ormai non c’è fotorecettore o singolo bastoncello che osi fare domanda per un solo istante di permesso dal lavoro. Per giunta, non retribuito. L’arruolamento in servizio è obbligatorio, ventiquattr’ore su ventiquattro. Lo scopo è decifrare e catalogare la fantasmagorica e caleidoscopica quantità di immagini che ogni giorno ci scorre davanti. Dove perfino il confine tra reale e virtuale risulta non più presidiato.
Se potesse, la retina alzerebbe bandiera bianca. Stanca ormai di essere stupita con effetti divenuti fin troppo speciali e terrorizzata all’idea di dover trasmettere al cervello "cose che noi umani non potremmo immaginarci".
Di questa sorta di rutilante giostra, su cui tutti ci chiamiamo Tommaso, l’autore si improvvisa reporter. Un fotoreporter, per l’esattezza. Con incarico speciale. Inviato a investigare nientemeno che sul fronte del comune buon senso. A esplorare quei territori impervi della nostra coscienza, dove i semi del rispetto reciproco e della buona fede attecchiscono a fatica. Disposto e documentare a colpi di clic le crepature che gli egoismi e i comportamenti incivili producono in danno della pacifica convivenza, nella comunità degli uomini.
Una sorta di moderno Pasquino che alla parola scritta - mai più di una cartella - aggiunge l’immagine, da cui oggi non si può assolutamente prescindere.
Un Pasquino in carne e ossa che parla la lingua di oggi alla gente di oggi. Ma lasciando intatto il gusto per la provocazione più estrema. Insomma, un inviato tutto speciale con licenza di rompere gli schemi. O come più comunemente oggi chiamiamo un “rompicoglioni”.
Una sorta di rubrica similsatirica del come siamo. In cui i soggetti chiedono di mostrarsi a un solo occhio. O meglio: uno aperto, perché veda. L’altro chiuso, perché si rifletta.
Mai nella storia naturale dell’uomo uno dei cinque sensi si è trovato sotto un fuoco incrociato di così persistenti sollecitazioni. Mai uno dei “magnifici cinque” ha rischiato la benché minima paralisi o di perdere letteralmente i sensi, stremato per eccessivo affaticamento. Ormai non c’è fotorecettore o singolo bastoncello che osi fare domanda per un solo istante di permesso dal lavoro. Per giunta, non retribuito. L’arruolamento in servizio è obbligatorio, ventiquattr’ore su ventiquattro. Lo scopo è decifrare e catalogare la fantasmagorica e caleidoscopica quantità di immagini che ogni giorno ci scorre davanti. Dove perfino il confine tra reale e virtuale risulta non più presidiato.
Se potesse, la retina alzerebbe bandiera bianca. Stanca ormai di essere stupita con effetti divenuti fin troppo speciali e terrorizzata all’idea di dover trasmettere al cervello "cose che noi umani non potremmo immaginarci".
Di questa sorta di rutilante giostra, su cui tutti ci chiamiamo Tommaso, l’autore si improvvisa reporter. Un fotoreporter, per l’esattezza. Con incarico speciale. Inviato a investigare nientemeno che sul fronte del comune buon senso. A esplorare quei territori impervi della nostra coscienza, dove i semi del rispetto reciproco e della buona fede attecchiscono a fatica. Disposto e documentare a colpi di clic le crepature che gli egoismi e i comportamenti incivili producono in danno della pacifica convivenza, nella comunità degli uomini.
Una sorta di moderno Pasquino che alla parola scritta - mai più di una cartella - aggiunge l’immagine, da cui oggi non si può assolutamente prescindere.
Un Pasquino in carne e ossa che parla la lingua di oggi alla gente di oggi. Ma lasciando intatto il gusto per la provocazione più estrema. Insomma, un inviato tutto speciale con licenza di rompere gli schemi. O come più comunemente oggi chiamiamo un “rompicoglioni”.
Una sorta di rubrica similsatirica del come siamo. In cui i soggetti chiedono di mostrarsi a un solo occhio. O meglio: uno aperto, perché veda. L’altro chiuso, perché si rifletta.
