Invano si cercherebbe nei vari manuali di storia della filosofia il nome di Alphonse Gratry (1805-1872), come anche quello di altri pensatori di prima grandezza, quali Gerdil, Fornari, Solov’ëv, Förster e molti altri. Questo è uno dei fatti che dimostra come le storie della filosofia andrebbero totalmente riscritte. Ma la cosa più grave è che Alphonse Gratry non è, oggi, conosciuto e apprezzato neanche nel mondo cattolico. E pensare che il suo scritto più famoso, “Le sorgenti” (1861), fu per molti decenni uno dei principali testi di riferimento per la gioventù studiosa cattolica.
Rileggendo oggi le sue opere, si rimane stupiti per la freschezza di ispirazione e la modernità di prospettive che si trova in esse, anche se non mancano ovviamente pagine che risentono del tempo. Ciò vale in modo particolare per il suo volume Henri Perreyve, pubblicato nel 1866, poco dopo la morte del giovane confratello di cui nel libro viene tracciata la fisionomia spirituale. Diversamente da altre opere del Gratry, Henri Perreyve non risulta essere stato, prima d’ora, tradotto in italiano. Eppure si tratta di un’opera di profonda ispirazione, in cui l’autore, prendendo spunto dalla figura del giovane sacerdote da poco scomparso, prende il volo per delineare in modo mirabile e profondamente originale l’ideale del sacerdozio cristiano. Forse nessun’altra opera sul sacerdozio si può paragonare a questa per le ardite prospettive, che definirei avveniristiche, presentate dall’autore.
A leggere oggi queste pagine, mentre da una parte si tocca con mano quanto sia immensa la distanza tra la nostra attuale mediocrità e la grandezza d’animo dei migliori rappresentanti del clero francese del XIX secolo, dall’altra ci si rammarica che un’opera che avrebbe potuto suscitare un grande e fecondo rinnovamento nel sacerdozio cattolico, sia invece per tanto tempo rimasta a prendere polvere nelle biblioteche. Ma bisogna credere anche che la Provvidenza ha i suoi tempi stabiliti e che forse è venuto il momento in cui il seme gettato nella terra da Henri Perreyve con il scrificio della sua giovane vita e da Alphonse Gratry con l’eloquenza della sua parola ispirata, proprio nell’inquieto mondo di oggi possa infine far germogliare un’abbondate messe.
Rileggendo oggi le sue opere, si rimane stupiti per la freschezza di ispirazione e la modernità di prospettive che si trova in esse, anche se non mancano ovviamente pagine che risentono del tempo. Ciò vale in modo particolare per il suo volume Henri Perreyve, pubblicato nel 1866, poco dopo la morte del giovane confratello di cui nel libro viene tracciata la fisionomia spirituale. Diversamente da altre opere del Gratry, Henri Perreyve non risulta essere stato, prima d’ora, tradotto in italiano. Eppure si tratta di un’opera di profonda ispirazione, in cui l’autore, prendendo spunto dalla figura del giovane sacerdote da poco scomparso, prende il volo per delineare in modo mirabile e profondamente originale l’ideale del sacerdozio cristiano. Forse nessun’altra opera sul sacerdozio si può paragonare a questa per le ardite prospettive, che definirei avveniristiche, presentate dall’autore.
A leggere oggi queste pagine, mentre da una parte si tocca con mano quanto sia immensa la distanza tra la nostra attuale mediocrità e la grandezza d’animo dei migliori rappresentanti del clero francese del XIX secolo, dall’altra ci si rammarica che un’opera che avrebbe potuto suscitare un grande e fecondo rinnovamento nel sacerdozio cattolico, sia invece per tanto tempo rimasta a prendere polvere nelle biblioteche. Ma bisogna credere anche che la Provvidenza ha i suoi tempi stabiliti e che forse è venuto il momento in cui il seme gettato nella terra da Henri Perreyve con il scrificio della sua giovane vita e da Alphonse Gratry con l’eloquenza della sua parola ispirata, proprio nell’inquieto mondo di oggi possa infine far germogliare un’abbondate messe.