Milton Manera fa il “procuratore di alibi” o, come si autodefinisce,
“un impiegato del grande indotto delle scopate
clandestine”. Ex cronista con i propri agganci e la pazienza
di aspettare del vero reporter, è stato silurato per una storia di
tutto sommato innocenti massaggi erotici in un salone cinese. Magris,
il collega opportunista ne firma l’epitaffio professionale con un pruriginoso
pezzo sullo stesso giornale.
Ma una storia lo sta aspettando. Un giorno incontra per motivi professionali
la signora Rigamonti, la moglie di uno dei suoi clienti, un
avvocato di grido. Alcune frasi sconclusionate, una foto che la signora
gli mostra e il congedo. Pochi minuti, ma fondamentali, nella vita di
Milton Manera. La Rigamonti viene infatti assassinata mentre lui
è ancora sulle scale. A questo punto entra nella vicenda la bellissima
Charo, fotografa d’assalto spregiudicata e omosessuale. Con lo
sguardo della professionista ha notato un ragazzo che la questura
segnala tra i decessi nella foto degli intervenuti alla morte della Rigamonti
(che è stata gettata sulla pubblica via).
Mentre la polizia si accontenta di un capro espiatorio per la signora
uccisa e non si occupa per nulla dell’esile ragazzo impiccato, l’ex reporter
e la fotografa si mettono a investigare anche perché tornato
a casa, il nostro protagonista trova, come in Fight club, l’appartamento
devastato da un incendio.
Il ragazzo morto si chiamava Sorin ed era rumeno e nelle tasche
aveva solo una preghiera per la Madonna e il numero di telefono
dell’amico Doru.
Man mano che Charo e Milton si avvicinano alla verità, tanto più
questa diventa oscena: scoprono che i ragazzi che arrivano in Italia
dalla Romania vengono suddivisi all’ingresso per genere. I maschi
vengono mandati nelle aree industriali a estrarre il rame dalle
fabbriche dismesse come fossero miniere postmoderne, mentre le ragazze
sono obbligate a prostituirsi a vecchi e sadici notabili come
l’avvocato Rigamonti… I metodi di persuasione degli aguzzini (non
solo rumeni, ma anche italiani) comprendono la tortura. Parte così
un terribile viaggio infernale nella nuova schiavitù con l’intento di
fare giustizia tra le fabbriche abbandonate della prima periferia e
le ville dei ricchi sfruttatori disinfettate da ogni possibile indizio…
Charo e Milton riescono a documentare tutto e a salvare alcuni ragazzi
come Doru e la giovanissima Cosmina, ma non senza metterci
del proprio: rischieranno la morte più volte e saranno a loro volta
torturati con il metodo del waterboarding tanto caro alla Cia, ma
non disprezzato anche da violenti meno blasonati. La signora assassinata
non era che una benefattrice che cercava di aiutare questi
poveri ragazzi.
Zancan trascina il lettore in questa discesa ad inferum con la capacità
narrativa dei migliori autori hard boiled. Una storia di denuncia,
credibile e contemporanea in cui si evince un ragionamento
profondo che il giornalista Zancan nella sua carriera probabilmente
ha meditato e rimeditato. Nella storia degli schiavi rumeni c’è forte
come un pugno in faccia il sospetto che questo sia ciò che accade
realmente dentro gli strappi del tessuto sociale delle nostre città.
Uno Scerbanenco dei giorni nostri o un Ellroy che mangia bagna
càuda: questo lo Zancan di Sono tutti bravi a morire.
“un impiegato del grande indotto delle scopate
clandestine”. Ex cronista con i propri agganci e la pazienza
di aspettare del vero reporter, è stato silurato per una storia di
tutto sommato innocenti massaggi erotici in un salone cinese. Magris,
il collega opportunista ne firma l’epitaffio professionale con un pruriginoso
pezzo sullo stesso giornale.
Ma una storia lo sta aspettando. Un giorno incontra per motivi professionali
la signora Rigamonti, la moglie di uno dei suoi clienti, un
avvocato di grido. Alcune frasi sconclusionate, una foto che la signora
gli mostra e il congedo. Pochi minuti, ma fondamentali, nella vita di
Milton Manera. La Rigamonti viene infatti assassinata mentre lui
è ancora sulle scale. A questo punto entra nella vicenda la bellissima
Charo, fotografa d’assalto spregiudicata e omosessuale. Con lo
sguardo della professionista ha notato un ragazzo che la questura
segnala tra i decessi nella foto degli intervenuti alla morte della Rigamonti
(che è stata gettata sulla pubblica via).
Mentre la polizia si accontenta di un capro espiatorio per la signora
uccisa e non si occupa per nulla dell’esile ragazzo impiccato, l’ex reporter
e la fotografa si mettono a investigare anche perché tornato
a casa, il nostro protagonista trova, come in Fight club, l’appartamento
devastato da un incendio.
Il ragazzo morto si chiamava Sorin ed era rumeno e nelle tasche
aveva solo una preghiera per la Madonna e il numero di telefono
dell’amico Doru.
Man mano che Charo e Milton si avvicinano alla verità, tanto più
questa diventa oscena: scoprono che i ragazzi che arrivano in Italia
dalla Romania vengono suddivisi all’ingresso per genere. I maschi
vengono mandati nelle aree industriali a estrarre il rame dalle
fabbriche dismesse come fossero miniere postmoderne, mentre le ragazze
sono obbligate a prostituirsi a vecchi e sadici notabili come
l’avvocato Rigamonti… I metodi di persuasione degli aguzzini (non
solo rumeni, ma anche italiani) comprendono la tortura. Parte così
un terribile viaggio infernale nella nuova schiavitù con l’intento di
fare giustizia tra le fabbriche abbandonate della prima periferia e
le ville dei ricchi sfruttatori disinfettate da ogni possibile indizio…
Charo e Milton riescono a documentare tutto e a salvare alcuni ragazzi
come Doru e la giovanissima Cosmina, ma non senza metterci
del proprio: rischieranno la morte più volte e saranno a loro volta
torturati con il metodo del waterboarding tanto caro alla Cia, ma
non disprezzato anche da violenti meno blasonati. La signora assassinata
non era che una benefattrice che cercava di aiutare questi
poveri ragazzi.
Zancan trascina il lettore in questa discesa ad inferum con la capacità
narrativa dei migliori autori hard boiled. Una storia di denuncia,
credibile e contemporanea in cui si evince un ragionamento
profondo che il giornalista Zancan nella sua carriera probabilmente
ha meditato e rimeditato. Nella storia degli schiavi rumeni c’è forte
come un pugno in faccia il sospetto che questo sia ciò che accade
realmente dentro gli strappi del tessuto sociale delle nostre città.
Uno Scerbanenco dei giorni nostri o un Ellroy che mangia bagna
càuda: questo lo Zancan di Sono tutti bravi a morire.