Dall’incanto di una vita agiata allo squallore della detenzione, dallo sgomento della rovina all’euforia della ribellione, dalla consapevolezza della sciagura alla ricerca di una via d’uscita… la commercialista di Danilo Coppola ha inciso nel suo manoscritto queste emozioni, penetrandole tra le mura del Carcere femminile di Rebibbia per tutto il tempo in cui, grazie alla misura custodiale inflittale, ha condiviso la sua esperienza con le concittadine della Casa Circondariale romana di via Bartolo Longo. Senza la presunzione di aver trasmesso un’esperienza unica o inimitabile (purtroppo), la crudeltà della realtà vissuta ha avuto, ed ha, caratteri che ne fanno un esercizio di saggezza e di maturità, ovviamente non ricercata ma piovuta dal cielo come una grazia… o una disgrazia, che dir si voglia. Nel trasferire emozioni intraducibili, la storia muove tra le riflessioni di un presente danneggiato da eventi imprevedibili e i tormenti per l’avvenire, tra la freddezza del castigo inflitto e il calore delle fratellanze nate proprio grazie a tanta pena,per sfociare nell’inaffondabile fiducia nelle risorse umane e nella propria vita. Forse senza una vera fine, ancora, il manoscritto narra di ciò che nella vita, a ciascuno di noi, riserva il suo percorso e di ciò che, ognuno di noi si ingegna a fare per modificarne il verso, la rotta, l’orientamento, così da alimentare la speranza di aver dato essenza alla propria vita e a quell’esistenza di creatura libera che è la sola ed l’unica ad avere un senso.
Daniela Candeloro
Daniela Candeloro