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    Vite da ring

    Por Andrea Di Cesare

    Sobre

    Ormai sono passati quindici anni da quegli incontri ripetuti in Gazzetta ma una cosa la ricordo bene: io e Andrea eravamo partiti da due sponde opposte ma le nostre barche si erano ritrovate in un mare tranquillo, di assoluta comprensione. Io, giornalista alla Gazzetta dal lontano ’84, mi ero avvicinato al giornalismo proprio attraverso la boxe quando, ai tempi del liceo, avevo cominciato a frequentare la Fulgor Napoli del maestro Geppino Silvestri dove si allenavano Patrizio Oliva e Alfredo Raininger ed ero rimasto folgorato da quel Piccolo Mondo Antico al punto da cominciare subito la collaborazione con Boxe Ring che mi ha portato fino a Milano. Da tempo nei giornali non esiste più la rubrica Boxe (nel senso che gli spazi sono occasionali) e la conoscenza del ring è diventato un aspetto marginale della mia professione ma il sudore dei pugili che ho conosciuto (alcuni molto bene, più di tutti il compianto Giovanni Parisi) mi è rimasto in qualche modo incollato addosso, anche se non riconosco più il mio vecchio sport. Andrea Di Cesare veniva da un percorso completamente diverso e il suo approccio culturale sembrava distante dalla psicologia sempliciotta e un po’ grezza dei personaggi che ero abituato a frequentare. Invece, pian piano, entrò in sintonia con loro aggirando più di quanto sia riuscito a fare io quella diffidenza istintiva verso i giornalisti che creava sempre un ostacolo fra i giornalisti e la stampa.
    Capisco che Andrea si sia innamorato dei pugili. Non esiste nessuno sportivo più diretto, disponibile e più vulnerabile di un frequentatore del ring: credo che nella società moderna non esistono personaggi pubblici che riescono a mettersi a nudo come i pugili come se il ring funzionasse da transfert fra il mondo interiore e quello esterno. A distanza di tanti anni i ritratti di questo libro sono ancora vividi e attuali, attualissimi direi. Fa effetto, assistendo al degrado a cui è arrivata oggi la boxe nonostante l’esplosione della dimensione fitness, leggere che già allora si parlava di sopravvivenza del ring come metafora e di sport anacronistico. Sembra incredibile ma ogni anno escono decine di libri di argomento pugilistico e per la prossima stagione cinematografica sono in uscita quasi dieci film che parlano di boxe ma in Italia non si combatte quasi più, le tv trasmettono raramente gli incontri e anche un campione mondiale come Giovanni De Carolis è per lo più sconosciuto alle masse. Eppure grazie alla Gazzetta sono stato l’unico giornalista italiano a cui è stato concesso un posto a bordo ring al Mondiale miliardario Mayweather-Pacquiao di Las Vegas e vi assicuro che da quelle parti è tutta un’altra cosa. Forse la lezione che, attraverso questo libro, ci viene dal passato servirà a riaprire un percorso per tante nuove Vite da ring.
    Fausto Narducci
    Caporedattore Varie Gazzetta dello Sport
    Autore di libri sul pugilato
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